Per quest’ultima settimana ho scelto di indicare solo tre top e tre flop, perché il resto poi sarà sviluppato nel pagellone squadre. Ho deciso anche di scegliere nomi mai citati prima nella categoria; per esempio, tra i top non compaiono Milan e Arensman anche per questo motivo, mentre O’Connor, che era stato rimandato, comparirà tra i top perché si è riscattato.
๐ Top:
Wout Van Aert: la vittoria a Parigi per il campione belga non è una vittoria come tante altre, è la sua decima, forse la sua più significativa al Tour de France. Dopo avere vinto una tappa al Giro, oltre al suo aiuto fondamentale per la vittoria finale di Simon Yates, al Tour non si presenta al massimo, spesso attacca anche in modo poco sensato, ma questo viene lasciato in secondo piano dall’ultimo giorno, dove è il più forte: si invola, esulta e ascende ai Campi Elisi come Scipione Emiliano nel Somnium Scipionis. Van Aert forse sarà dimenticato dalle statistiche, ma sarà sicuramente eterno per chi lo ha vissuto direttamente, perché ha lasciato emozioni come pochi altri, forse il più umano tra i più talentuosi.
VOTO 8
Ben O’Connor: era stato posizionato tra i rimandati, lui non voleva la bocciatura; supera l’esame della terza settimana con un buon voto, perde la possibilità di prendere 30 solo per la ventesima tappa, dove si lascia sfuggire la possibilità di una più che discreta top 10. Ma probabilmente quella fra pochi anni sarà dimenticata, mentre la vittoria sul Col de la Loze rimarrà. In questo Tour dimostra forse l’assioma che per lui è meglio uscire di classifica nei primi giorni per poi rientrarci con le fughe e magari con una vittoria in più in tasca. Sicuramente non è mai anonimo: si può dire che è tra i cacciatori di tappe in fuga di montagna tra i più abili in circolazione, può essere l’Ozraptor subotaii contemporaneo.
VOTO 8
Kaden Groves: un velocista tuttofare, sprinter resistente, ma mai e poi mai si poteva immaginare una sua vittoria in solitaria. Eppure, è quello che succede nella ventesima tappa, forse la sua vittoria più bella in carriera. Quando piove è ancora più forte, è il vero pluviofilo in attività, si trasforma in quelle situazioni da buon corridore a più che ottimo. Forse è proprio caratteristico degli australiani avere un talento innato per le condizioni avverse, non solo nel ciclismo ma in molti altri sport. In ogni caso, Groves completa le vittorie in tutti i grandi giri e arriva a cifra tonda nei successi nei GT: spesso si dimentica, ma è già arrivato a dieci vittorie. La domanda che rimane è: continuerà a essere un buon velocista o seguirà la strada per diventare un ciclista completo?
VOTO 8
Menzioni d’onore: Arensman, Valentin Paret-Peintre, Milan.
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๐ Flop:
Guillaume Martin: conclude sedicesimo al Tour, ma si è mai visto? Tour completamente anonimo, trasparente si può osare dire. Meglio qualche fuga che l’invisibilità: ha scelto di non scegliere, restando celato come tanti altri. Lui, il Filosofo, in questo Tour si comporta come uno qualsiasi, un uomo del “si dice”: sussiste ma non vive, si mantiene ma non partecipa veramente, non si mette in gioco, porta a casa solo i 21 giorni e un piazzamento che lascia l’amaro in bocca soprattutto per come è arrivato. Di solito almeno lasciava traccia da esteta, ma nemmeno questo si è visto.
VOTO: NV (sia non valutabile sia non visto)
Aleksandr Vlasov: al contrario di Martin, si cela, si mostra, qualche attacco si è visto e anche qualche piazzamento, ma per il resto non è neanche mai stato di aiuto per i suoi due capitani. Anni fa sembrava più che un discreto corridore da corse a tappe, ora nemmeno la sua trasformazione in cacciatore di tappe o gregario sembra attuarsi. Al momento è in un limbo di mediocrità non degna di uno che aveva mostrato di essere più che un buon corridore. Uscirà da questa situazione o rimarrà invischiato fino alla fine della sua carriera? Al momento sembra più che impantanato, non solo bloccato dal fango ma anche dalla neve, però può ancora sfuggire e lasciare traccia, è ancora in grado di uscire dal sottosuolo per lasciare ultimi ricordi positivi.
VOTO 4,5
Il Tour de France: probabilmente è un giudizio pesante, ma il Tour più duro di sempre, sia come livello di tappe di montagna consecutive sia per le poche volate sia per i primi dieci giorni da classiche, si è rivelato un grande animale che ha inglobato i corridori, consumando ogni loro energia, riservando per un’ultima settimana poco spettacolo. La domanda è sempre la solita: è necessario cercare spettacolo ogni giorno o è meglio preferire alcuni giorni noiosi già sulla carta e altri veramente spettacolari come da aspettative? Anche i velocisti si meritano le loro occasioni, ma non è solo per quello: le tappe per gli sprinter servono anche per rifiatare. L’esperimento di questo Tour, a mio parere, non è riuscito: primi 10 giorni pensati per tenere la corsa aperta con tappe da classiche, corse come se fossero veramente corse di un solo giorno, e poi gli ultimi 11 giorni fin troppo duri. Si può dire che la grande montagna ha partorito un topolino: le aspettative erano sicuramente altre. C’è da dire che l’esito effettivo sarebbe cambiato poco, ma magari ci sarebbe stata più incertezza o almeno qualche azione più spettacolare. Chiudono il Tour seguendo il loro obiettivo alla perfezione, cancellano anche l’arrivo tipico per i velocisti, creano anche all’ultimo giorno una corsa da classica con tempi però neutralizzati… perché si sono accorti che era troppo pericoloso.
VOTO 4
Menzioni disonorevoli: Biniam Girmay, Arnaud De Lie, Arnaud Démare.
Cristian Bortoli