🔴TOP E FLOP TERZA SETTIMANA DELLA VUELTA A ESPAÑA
Per quest’ultima settimana ho cercato di inserire nomi che non avevo già segnalato in precedenza nella stessa categoria. È ovvio, ad esempio, che Vingegaard sia uno dei top della settimana, ma verrà valutato meglio nel pagellone delle squadre. Discorso analogo vale per Philipsen.
📈 Top:
Filippo Ganna: cresce con il passare dei giorni, è al via solo per la cronometro, un rischio notevole gareggiare per un solo obiettivo così avanti anche durante la corsa, ma è un azzardo che paga, come se avesse già previsto tutto, è prometeico. Vince la cronometro che è più un prologo, o si può dire un “epiprologo”; in ogni caso la vince di meno di un secondo ma con gli ultimi quattro chilometri effettuati a velocità assurda, ciò non è una sorpresa conoscendo le sue capacità da fenomeno dell’inseguimento individuale in pista. Il giorno dopo conferma la forma in crescita con un lavoro negli ultimi due chilometri che in pochi al mondo sanno fare. VOTO 8
Egan Bernal: lo avevo descritto la scorsa settimana con toni malinconici, questa sensazione non cambia anche a seguito di una vittoria, la quale appare tinta di foschia senza neanche la vera possibilità di esultare e di sfogare le sensazioni. Un successo che però in parte riscatta tutte le difficoltà: dal Giro 2021 non vinceva una gara che non fosse un campionato nazionale, peccato soltanto che sia stata resa così. In ogni caso può essere il momento di svolta, o meglio di Kehre, un tornante che porta sempre in cima ma che cambia la direzione: in questo caso il successo probabilmente non può essere più il podio di un grande giro, bensì tappe e, perché no, la maglia degli scalatori? VOTO 8
Matthew Riccitello: al contrario di quasi tutti ha preparato solo la Vuelta a España e questo si nota: mai in crisi, molto costante e quasi al vertice. Manca la vittoria di tappa ma corre anche in un ambiente tossico che rende ancora più complesso il suo grande giro. In ogni caso conquista la top five e la maglia bianca dei migliori giovani. Da questo risultato deve costruire il futuro che potrà essere più che buono: dipende sempre da come si poggiano le basi e su che ambiente ci si posiziona, non esiste un assoluto giusto, ma una costruzione relativa giusta. Per esempio, una palafitta funziona sulle paludi, invece la baita funziona nei boschi. VOTO 8
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📉 Flop:
L’organizzazione e regia: la lista dei problemi tende all’infinito, bisogna di conseguenza concentrarci sulle complicanze maggiori. La principale da segnalare è come sono state gestite le manifestazioni: si è deciso, e si può dire anche in modo legittimo, di non usare nessuna forma di violenza che era stata usata dagli altri grandi giri; quindi, si è creato in varie occasioni un caos gestito malamente, vedasi la tappa di Bilbao o la tappa sedicesima, ma anche la crono dimezzata la sera prima, tutto terminato con l’apoteosi finale di Madrid, con la stessa tappa che viene cancellata quando mancavano poco meno di 60 km dalla fine. Una corsa che ha rischiato di essere falsata, o meglio lo è stata, ma almeno ha vinto sicuramente il più forte. Quasi nessuna tappa è filata senza problematiche, anche quelle più tranquille, vedasi la quindicesima, dove ci ha rimesso il povero Romo. Invece la regia ha i soliti problemi cronici, che sussistono e non si modificano: a partire dalla scelta di cosa riprendere nei momenti cruciali, dal perdersi ogni volta gli attacchi, o, ancora peggio, dal non segnare i distacchi fra i vari gruppi. La Vuelta di fatto sembra spesso le ultime settimane di scuola: forse è il miglior modo per rappresentarla, da una parte la svogliatezza, dall’altra la felicità, in mezzo chi cerca il riscatto. NON CLASSIFICABILE
Louis Meintjes: ho dovuto guardare varie volte la startlist per accorgermi della sua presenza: è al via ma corre in modo invisibile e anonimo, tanto che sembra che non ci sia nemmeno. Conclude la corsa spagnola al sedicesimo posto in classifica generale con più di 45 minuti dal primo, sintesi perfetta della sua Vuelta.
Il sudafricano, ogni anno che passa, sembra avviato a un fine carriera che non si può definire nemmeno mesto o malinconico, ma anonimo, che forse è anche molto peggio: meglio la foschia o la malinconia dell’indifferenza e della mera presenza. VOTO 5
Stefan Küng: per lo svizzero, al suo unico grande giro della stagione, ci si aspettava sicuramente risultati migliori o almeno una presenza maggiore; invece, l’unico momento in cui si vede è la cronometro dove era il secondo favorito, ma stecca anche lì arrivando solo sesto. Per lui Ganna sembra essere diventato la vera nemesi che toglie anche le energie, come se diventasse quasi rinunciatario: sembra stia diventando l’Ettore che inizia a correre intorno alle mura inseguito da Achille. VOTO 5
✍🏻 Cristian Bortoli
📷: Getty sport